Anche in pausa pranzo allontanarsi dal posto di lavoro senza timbrare costituisce giusta causa di licenziamento.

Nella sua ultima pronuncia, la Corte di Cassazione sezione lavoro, con la sentenza numero 30418 del 2 novembre 2023, ha stabilito la possibilità di licenziare per giusta causa un dipendente che abbandona il luogo di lavoro durante la pausa pranzo senza effettuare la timbratura di uscita.

In altri termini, il lavoratore che si allontana dal posto di lavoro deve farlo sempre in maniera “conforme alle regole”, in caso contrario, rischia il licenziamento (legittimo).
Questa decisione si basa sull’interpretazione dell’articolo 55-quater del decreto legislativo n.165 del 2001, entrato in vigore nel 2009, che stabilisce quali violazioni possono essere considerate gravi e idonee a giustificare il licenziamento.

Nella fattispecie, una dipendente aveva impugnato, in primo grado, il licenziamento irrogatole, ciò però senza contestare, nella loro materialità, le 5 occasioni in cui la stessa si era allontanata dal posto di lavoro per tutta la durata della pausa pranzo senza strisciare il badge (né in uscita e né in entrata). Il giudice di primo grado aveva rigettato il ricorso.

La dipendente, successivamente, subiva il rigetto anche da parte della Corte di Appello, che confermava la sentenza di primo grado.
In terzo grado di giudizio, poi, la lavoratrice evidenziava come la Corte d’Appello non avesse fatto alcuna specifica valutazione della concretezza degli effetti addebitati. La ricorrente ricorda, altresì, come il procedimento disciplinare fosse conseguito ad indagini rivolte ad altri dipendenti, nonché all’assenza di una disfunzione del proprio servizio lavorativo.

Tuttavia, il licenziamento disciplinare veniva in rilievo per falsa attestazione della presenza sul luogo di lavoro, ciò con altre modalità fraudolente, ovverosia la mancata timbratura dell’uscita dall’ufficio senza autorizzazione. Questa condotta veniva considerata un’attività oggettivamente idonea ad indurre in errore il datore di lavoro, ragion per cui anche l’allontanamento dall’ufficio, non accompagnato da necessaria timbratura, integrava una modalità fraudolenta, rappresentando una situazione apparente, diversa da quella reale. Pertanto, è falsa attestazione non solo l’alterazione\manomissione del sistema automatico di rilevazione delle presenze, ma anche il non registrare le uscite interruttive del servizio.

Ferma la tipizzazione della sanzione disciplinare (licenziamento) una volta provata la condotta, resta la necessità della verifica del giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione che si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al dipendente in relazione al rapporto concreto e alle circostanze del caso. In merito, la Corte d’Appello affermava che le condotte tenute dalla dipendente non potevano essere giustificate, o valutate con minor rigore, essendo chiaro a tutto il personale l’esistenza dell’obbligo di procedere alla timbratura anche nel caso di assenza per la pausa pranzo.

Quindi, la condotta negligente della lavoratrice, reiterata e grave nelle modalità, ledeva così il vincolo fiduciario con il datore di lavoro, giustificandone la massima sanzione espulsiva.

La modesta entità del fatto addebitato non andava riferita alla tenuità del danno patrimoniale subito dal datore di lavoro, ma al valore sintomatico che poteva assumere rispetto ai futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento della fiducia alla base del rapporto lavorativo.

Il ricorso della lavoratrice, quindi, veniva rigettato dalla Corte di Cassazione e il licenziamento confermato.

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