Egitto ed Etiopia: la guerra dell’acqua

Lo scorso 10 settembre il governo etiope ha annunciato il completamento inerente al riempimento del bacino dell’enorme diga sul Nilo Azzurro (Grand Ethiopian Renaissance Dam), costruzione andata avanti per svariati anni, uno dei più grandi progetti infrastrutturali in Etiopia, costata più di 4 miliardi di dollari, che però, ad oggi, risulta essere il fulcro di una contesa asperrima tra l’Etiopia e i Paesi a valle e, nel caso di specie, Sudan ed Egitto, quest’ultimi fortemente dipendenti dalle risorse idriche del Nilo.

Domenica scorsa (10/09/2023), il primo ministro etiope Abiy Ahmed, attraverso un post su X (ex Twitter), ha annunciato la conclusione, con successo, del quarto e ultimo stadio di riempimento della grande diga, concludendo l’intervento con una frase che sembrerebbe, a tutti gli effetti, essere un avvertimento non rassicurante: “Vorrei cogliere questa opportunità per promettere che continueremo a sostenere la diga fino alla fine”.

Nel contempo, Khartoum (Sudan) non avrebbe ancora reagito, ma dal Cairo il Ministro degli Esteri Sameh Shoukry ha duramente accusato Addis Abeba (Etiopia) di non rispettare gli interessi dei Paesi stanziati lungo il Nilo.

Analizzando la questione, apparrebbero evidenti gli interessi di tutte le parti coinvolte in campo: l’Etiopia, nel concreto, vorrebbe sfruttare la produzione idroelettrica della diga per moltiplicare la generazione di energia elettrica. Contestualmente, sia l’Egitto che il Sudan si preoccuperebbero per la rispettiva sicurezza idrica, cercando garanzie dall’Etiopia, la quale non è stata sempre “sensibile” a dialogare sulla questione.

In virtù di ciò, nel 2015, i tre Paesi sopramenzionati (Etiopia, Egitto e Sudan) hanno firmato una dichiarazione di intenti che prevede coordinazione sulla gestione della diga, promuovendo negoziati trilaterali, quest’ultimi riavvitati solo ad agosto 2023, dopo circa 2 anni di “immobilismo” totale.

Il Ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, su Facebook, avrebbe dichiarato “illegale” il riempimento del bacino idrico etiope, oltre ad aggiungere che l’Etiopia sta ponendo in essere delle misure altamente “unilaterali”.
Le paure egiziane, così come quelle del Sudan, trovano fondamento in virtù del fatto che più del 95% dell’approvvigionamento di acqua dei suddetti paesi proviene dal Nilo e, dal 2011, anno in cui venne avviato il maxi-progetto della grande diga etiope, i rispettivi governi si sono sempre opposti a questa costruzione, sfiorando già un conflitto bellico nel 2021.

La questione della grande diga etiope, ad oggi, viene seguita con estrema attenzione da Bruxelles, Washinton, Mosca e da Pechino e, in seguito alle parole del primo ministro etiope Abiy Ahmed e della conseguente risposta egiziana (attendendo il Sudan), le premesse riguardanti un eventuale conflitto in merito non fanno ben sperare. Secondo i dati ONU, inoltre, L’Egitto potrebbe rimanere a corto di acqua intorno al 2025, mentre parte del Sudan è già attualmente a rischio siccità a causa dei cambiamenti climatici. La situazione, dunque, risulterebbe essere decisamente instabile.

Lo scoppio di un eventuale conflitto bellico per le risorse idriche del Nilo, ad oggi, aumenterebbe a dismisura l’instabilità in Africa Orientale, già oggetto di violenti scontri, in un momento storico in cui si susseguono repentini colpi di stato e dove persiste l’inflazione, che sta minacciando la sicurezza alimentare, che di conseguenza accresce l’imperversare della criminalità. Per via di questi motivi e dell’incertezza che regna in merito, la paura che ne deriva ha fatto registrare già migliaia di rifugiati.